Le grandi interviste dell'Antro atomico (5): Brian Ashcraft di Kotaku

Brian Ashcraft è da anni la voce ufficiale dal Giappone di Kotaku.com. Ma oltre a fare il "Senior Contributing Editor from Japan" per uno dei siti sui videogiochi più influenti al mondo, oltre ad aggiornare quotidianamente il microcosmo dei ludosmanettoni su tutto ciò che è giapponese e ha anche solo vagamente a che fare con i videogame, l'amico Brian è anche uno scrittore di successo. E un appassionato di film horror italiani. E un alfista! Nella chiacchierata che segue ti ha spiegato perché tutti amano il Giappone, perché lì le sale giochi godono ancora di ottima salute, quanto è importante il ritorno alla trazione posteriore per le Alfa e cosa diavolo ci fanno le studentesse in uniforme in ogni singolo prodotto dell'entertainment nipponico […]

Alcuni anni fa. Aeroporto di Tokyo Narita. Serendipity
DOC: Per gli appassionati di videogiochi anglofoni di mezzo pianeta sei innanzitutto il Senior Contributing Editor dal Giappone di Kotaku. Quando ti sei trasferito in Giappone? E quando hai deciso di restare a vivere lì?

BRIAN: Sono arrivato in Giappone una decina di anni fa. Come molti ragazzi cresciuti negli anni 80, ero attratto da questo Paese, per i suoi videogiochi e i suoi robot giocattolo. Alle elementari c'erano un paio di alunni provenienti dal Giappone per un programma di scambio, e ricordo di aver provato le alghe ("nori") portate in classe da uno di loro in prima o seconda, e di aver pensato che avevano un sapore diverso da qualsiasi altra cosa. A fine anni 80 ho anche provato a seguire il baseball giapponese. Trovavo affascinante il fatto che giocassero lo stesso sport che amavo così tanto, ma con divise, squadre e stadi così diversi. Un vicino di casa faceva inoltre l'assistente di volo per la American Airlines e volava sulla rotta per Tokyo, così avevo anche a disposizione da ragazzino bibite e snack giapponesi. Il figlio del mio vicino era il mio migliore amico, e nella sua stanzetta aveva addirittura una macchina del pachinko funzionante.
Durante il college, infine, ho fatto uno stage presso una società di distribuzione cinematografica e ho incontrato molti registi e attori giapponesi famosi. Mi è venuta voglia di andare, e l'ho fatto. E poi ho finito per restare qui. 


D: Quando e come hai iniziato a lavorare per Kotaku? E che tipo di pressione avverti per essere la voce ufficiale dal Giappone per un maxiblog sui videogiochi così influente?
 
B: Ho iniziato nel 2005. Ero Contributing Editor per la rivista Wired e un ex collega a Wired ha parlato di me ai tipi di Gawker Media. Il sito era allora molto più piccolo e i blog stavano decollando. Erano giorni elettrizzanti.
La cosa che mi mette più pressione è spiegare il contesto. Vivo in Giappone da molti anni, ma quello che a me ormai sembra normale potrebbe essere difficile da capire per i lettori che non vivono qui e non conoscono la cultura (o la lingua) giapponese, perciò mi sforzo di inserire le cose in un contesto per renderle più comprensibili. 

Per quanto possa sembrare strano a voi debosciati, questo non è l'unico tipo di cultura giapponese alla quale dovreste interessarvi
D: In Culture Smash, la tua, cito, "dose quotidiana di cose interessanti e a volte anche fantastiche, legate al videogioco e non solo", spieghi ogni giorno gli aspetti più bizzarri della cultura giapponese ai lettori di Kotaku. Ma c'è ancora qualcosa del Giappone che trovi strano dopo tutti questi anni?

B: Nella mia vita quotidiana no, direi di no. Ci sono degli elementi di sottoculture di nicchia che a volte trovo davvero bizzarri, ma lo stesso discorso vale anche per elementi di sottoculture di nicchia occidentali. I Giapponesi tirano fuori delle cose veramente demenziali, ma hanno un grande senso dell'umorismo. A volte è difficile capirlo, perché molti occidentali prendono le cose troppo sul serio o alla lettera. Per esempio il fatto che si organizzino delle torte e delle feste di compleanno per i personaggi dei videogiochi: in questi eventi c'è un elemento di ironia che spesso non viene percepito.
O quando i capoccia di Sony si sono inchinati in Giappone per l'hack del PSN: è un qualcosa cui i giapponesi sono abituati, che si aspettavano accadesse e, per questo, non è stato nulla di straordinario. Lo sarebbe stato semmai se non si fossero scusati in quel modo.
Cerco di spiegare cose come queste. Ci sono molte persone a cui non frega nulla del Giappone, e va benone, ma spero che tutti possano capire un po' di più di questa cultura grazie alle storie che scrivo.

Yuto Nagatomo: lo definiremmo il nostro eroe, se non fosse riduttivo
D: L'Empatia per il Giappone è molto forte qui in Italia. Lo era prima dello Tsunami, lo è ancora di più adesso. Pensa che l'Inter ha comprato questo giapponese, Nagatomo, ed è diventato all'istante un idolo della tifoseria. Grossomodo, solo perché è giapponese. Credi ci sia una ragione per questa nippofilia così diffusa nel mondo occidentale? E questo spiega secondo te perché una tragedia come quella dello Tsunami abbia scosso così tanto anche chi in genere non ha il minimo interesse per quello che succede nel mondo?

B: Beh, i giapponesi amano allo stesso modo l'Italia! Che si tratti del cibo, dell'arte, della moda o delle auto, i giapponesi vanno matti per il vostro Paese. Ogni volta che vengono messe in vendita delle edizioni limitate di Ferrari o Alfa Romeo, prova a controllare quante sono destinate al mercato nipponico.
Molta gente ha un certo feeling per il Giappone, ma si tratta di un feeling costruito per lo più sulla base di prodotti di consumo. Solo di recente l'arte e la moda giapponesi hanno iniziato ad avere un forte impatto sull'Occidente. E poi, ovviamente, ci sono videogiochi, manga e anime, che sono molto popolari nel resto del mondo. Questi elementi ritengo abbiano creato un grande rispetto per il Giappone.
Per molti versi il Giappone è simile al mondo occidentale, e per tanti altri è molto diverso. Credo che questo spieghi un appeal a livello base. Le grandi dimostrazioni di affetto e solidarietà, poi, immagino siano state una risposta molto umana a un'orribile tragedia.
 

D: Nel libro Arcade Mania: The Turbo Charged World of Japan's Game Centers hai spiegato come la scena delle sale giochi si sia in qualche modo evoluta e sia così sopravvissuta in Giappone, laddove in Occidente sta semplicemente sparendo. Ma c'è una cosa che durante i miei viaggi in Giappone ho provato a capire senza riuscirci: perché tanti impiegati riempiano le sale una volta usciti dall'ufficio, scucendo chili di monetine per giochi che potrebbero giocare tranquillamente a casa. Forse spendendo anche meno. Non è nemmeno una questione di socializzazione, visto che per come sono disposti i coin-op nelle sale nipponiche, i giocatori non vedono i loro avversari nelle sfide in doppio…

B: Ma loro sanno che c'è un avversario umano contro cui stanno giocando, anche se non lo vedono, e quindi in questo c'è un elemento sociale. Il vero motivo di appeal delle sale è che offrono delle condizioni di gioco ideali. Oltre a joystick e pulsanti in stile arcade, hanno grandi schermi HD. Per i picchiaduro, in particolare, i giocatori possono sfidarsi senza problemi di lag. Per gli sparatutto, ci sono gli appositi display in verticale. E poi le sale giochi rappresentano per gli impiegati un luogo di decompressione, per rilassarsi prima di infilarsi in un treno e tornarsene a casa.

D: Nel secondo libro pubblicato con Kodansha International, Japanese Schoolgirl Confidential: How Teenage Girls Made a Nation Cool, ti sei concentrato invece su un tema molto semplice: perché quelle dannate studentesse in uniforme sono OVUNQUE nell'entertainment giapponese. Il momento più imbarazzante nella raccolta del materiale per questo libro?

B: Ho iniziato una ricerca sull'argomento delle studentesse giapponesi nel 2003, per conto di Wired. Per condurla ho dovuto comprare molte riviste di moda per studentesse. E non c'è niente di più imbarazzante di entrare in una libreria ed uscirtene con una pila di quelle riviste sotto il braccio. Odiavo comprarle! 


D: Quando ci siamo incontrati la prima volta, durante il TGS, mi hai detto del tuo amore per i maestri italiani dell'Horror, come Lucio Fulci. Come fai a conoscere Fulci? Ti piacciono altri registi italiani? E non trovi molto triste il fatto che nessuno qui in Italia si ricordi di gente come Fulci, adorata all'estero?


B: Oh, se amo i film italiani. Quando vivevo a Los Angeles, una decina di anni fa, un mio amico (che sarebbe finito a curare il montaggio dei film di Spider-Man) era un grande fan degli horror italiani. Fulci era il suo preferito, e anch'io ho iniziato ad amarlo. Ma della "trinità profana" di Fulci, Argento e Bava, Argento è quello che mi piace di più. Ho sempre amato più in generale i registi italiani. Quando ero più giovane Michelangelo Antonioni era uno dei miei cineasti preferiti. 

L'Alfa Romeo 8C Competizione: perché le auto per veri uomini hanno la trazione posteriore. Che si sappia
D: So che hai anche una grande passione per le auto italiane. Hai anche scritto un post su Kotaku dedicato alla Lancia Stratos, l'auto più meravigliosamente meravigliosa nella storia dell'umanità…

B: Le auto italiane sono fantastiche! Mio figlio in particolare ne va matto. è un grande fan della Lancia e gli piacciono i modelli che ha prodotto fino all'incirca al 1993. Io sono un grande fan dell'Alfa, e sono felice di vedere che stanno tornando alla trazione posteriore. Ora, se solo facessero tutte le loro nuove macchine con la trazione posteriore staremmo a posto!
Il fatto è che ogni volta che penso a mio figlio e alla sua passione per le auto italiane, non posso fare a meno di immaginare che in Italia c'è qualche ragazzino come lui in fissa con le auto giapponesi.


D: Nuovi progetti in cantiere? 


B: Per ora sto cercando di essere soprattutto un buon padre, di guardar crescere i miei ragazzi. Ho scritto due libri uno dietro l'altro, e mi hanno portato via molto tempo. Così per il momento preferisco giocare con i miei figli e fare delle passeggiate.

D: Ok, la mia ultimissimissima domanda: quella sera a Tokyo Brian Crecente, l'Editor-in-Chief di Kotaku, mi disse di avere anche lui lontane origini calabresi. Secondo te questo significa che noi calabresi siamo i migliori individui al mondo o che un giorno posso diventare anch'io il capoccia supremo di Kotaku?


B: I migliori al mondo! 




LE ALTRE GRANDI INTERVISTE DELL'ANTRO:
15 

Commenti

  1. Cool. Leggo sempre con grande curiosità la rubrica Culture Smash. Soprattutto quando si parla di Idol che sbroccano :)

    RispondiElimina
  2. Che siate i migliori al mondo l'ha confermato ma che diventerai capoccia di kotaku no, eh! :D

    (Bella intervista! Quando la passione incontra il talento chi ti ferma più?)

    RispondiElimina
  3. Bella intervista Doc. P'mme numro uno!!(a là Dan Peterson!)

    RispondiElimina
  4. Enrico: "Che siate i migliori al mondo l'ha confermato ma che diventerai capoccia di kotaku no, eh!"

    maledetto Crecente...

    RispondiElimina
  5. bella intervista doc, non conoscevo la rubrica su Kotaku ma d'ora in poi la leggerò! un unico dubbio...ma quanti anni ha Brian Ashcraft? dalle risposte all'intervista sembra decisamente giovane, ma ha già due figli??

    RispondiElimina
  6. doc tu sforni sempre queste maglifiche interviste ma nessuno ha mai intervistato te, almeno credo, nn ti potremmo porre noi delle domande e dopo quelle a cui vuoi rispondere rispondi, del tipo: cosa ti ha portato a fare questo lavoro? un occasione in particolare o una cultura maturata da tempo?

    RispondiElimina
  7. Mars: direi sui 32, 33. E di trentenni con un paio di figli piccoli ne conosco diversi.

    nizzo: aspetto che mi inviti la Bignardi, quando sarò uno scrittore famoso. O un blogger famoso. O un bressler famoso. O un famoso famoso.
    O, certo, il nuovo capoccia di Kotaku.

    RispondiElimina
  8. Beh, il Doc l'hanno intervistato su Drink!

    Durango

    RispondiElimina
  9. D: Nuovi progetti in cantiere?

    B: Per ora sto cercando di essere soprattutto un buon padre, di guardar crescere i miei ragazzi. Ho scritto due libri uno dietro l'altro, e mi hanno portato via molto tempo. Così per il momento preferisco giocare con i miei figli e fare delle passeggiate.

    Brian, fai il lavoro più bello del mondo e lo metti da parte per giocare con i tuoi figli e fare passeggiate.
    Chapeau, sei appena diventato il mio eroe personale.

    RispondiElimina
  10. Il suo secondo libro mi ha incuriosito, così l'ho ordinato da Amazon

    RispondiElimina
  11. dimenticavo: Doc, quando ti invita la Bignardi deve citare e ringraziare uno per uno tutti noi antristi :)

    RispondiElimina
  12. Bravissima, pda, mi accodo a bomba al tuo appello. Capito, Doc? non fare la gnorri ora.

    Non seguo molto Kotaku, se non per qualche news spiccatamente nippofila. Ma come sito di recensioni di videogiochi non l'ho mai trovato molto affidabile. A questo punto sarebbe infatti quasi inutile aggiungere che gli articoli di Ashcraft sono proprio tra quelli che seguo maggiormente.

    Quindi, bravo Doc, hai scelto bene.

    Oh, quando intervisti Jim Sterling di Destructoid? Quando vedo i suoi jimquisitions mi spanzo il più delle volte, anche quando non sono d'accordo con lui.

    RispondiElimina
  13. Ok, andata.
    Destructoid non lo seguo molto, ma quando alle fiere incrociavo quei tizi con la testa del robot mi facevano una tenerezza che non ti dico. I poveri cristi.

    RispondiElimina
  14. La frase su Nagatomo mi ha fatto spanzare dalle risate :D

    RispondiElimina

Posta un commento

Metti la spunta a "Inviami notifiche"per essere avvertito via email di nuovi commenti. Info sulla Privacy