Italia, la Storia Futura. Parte 5

Quinta parte del romanzo a puntate dell'antro, "Italia, la Storia Futura". Riassunto delle puntate precedenti: tutto quello in cui credete, si scoprirà fra cinquantatre anni, è falso. Al solito, i quattro episodi precedenti son sempre tutti qui.
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5
Marcus si guardò ancora una volta indietro. Continuava a ripetersi che le sue erano solo stupide paranoie: nessuno lo stava seguendo, a nessuno importava un bel niente di lui. Eppure non riusciva a fare a meno di sentirsi nervoso. Affrettò il passo in mezzo alle vetrine di Via Tuscolana, per quel che gli veniva possibile. Una bella donna dai capelli lunghi e neri e dai tratti vagamente orientali, appoggiata con le spalle a una vetrina di abiti da uomo, gli sorrise. "Sconto del 30% per tutti i possessori di carte Slave™, TransAmerican Express©, EurasianCard©", attaccò la donna con un tono completamente neutro appena Marcus fu a meno di due metri. Marcus non la degnò di uno sguardo e le passò in mezzo. "Dannati infospot", pensò, aggiustandosi il bavero del lungo giaccone scuro che indossava.
Si fermò un attimo a prendere fiato, non resistette alla tentazione di guardarsi un'altra volta alle spalle, poi imboccò con passo incerto la traversa che saliva verso il mercato del pesce sintetico. Era proprio in momenti come quello che Marcus sentiva tutto il peso dei suoi settantatre anni e di una vita vissuta immerso fino al collo nelle menzogne. [...]
Marcus era arrivato a Roma più di cinquant'anni prima, ma ancora non riusciva a sentirsi italiano, romano, tantomeno eurasiatico. Pensò alla nave di profughi con cui era sbarcato a Napoli nel 2012, dopo la fuga da Pittsburgh per la Grande Esplosione. Con lui c'erano tanti altri americani colpiti in misura diversa da quello che era successo in Pennsylvania. Orfani, donne sole, storpi, gente comune senza più niente, nemmeno un po' di dignità. Furono tutti chiusi a lungo in quarantena, poi smistati verso le zone bruciate del sud o la Grecia. Lui no. A differenza degli altri americani, Marcus era stato trattato bene. Per via della sua condizione, del suo lavoro.
Svoltò l'angolo e si trovò davanti un vecchio mendicante buttato in terra. Aveva subìto l'amputazione di una gamba, e quel vecchio pantalone pieno di macchie era annodato poco sopra il ginocchio come un fazzoletto. Il vecchio, il cui capo era ricoperto da una lanuggine rada e unticcia, reggeva in mano un cartello sporco come tutto il resto. Sopra c'era scritto: "Aiutatemi. Ho combattuto le guerre del Sud contro il brigantaggio degli anni 20. Ho combattuto anche per voi".
Il vecchio tese una mano verso Marcus, che si strinse nel bavero e passò oltre, nauseato da quella vista. Attraversò la grande piazza del mercato del pesce sintetico, a quell'ora popolata solo da qualche ratto, e passò davanti alla solita Chiesa bruciata.
Quante volte aveva fatto quella strada? Quante volte si era trovato davanti ai resti antichi, coperti di rovi, di quell'edificio incenerito? Eppure quella vista era capace ogni volta di turbarlo.
Perché lui, quando era successo, c'era. Quando era scoppiata la fase più feroce e crudele della Crisi Milton, c'era. Aveva assistito alla caccia all'uomo, alle devastazioni. Vi aveva preso parte.
Il Presidente, allora, aveva disposto che nessuno potesse più parlare della Chiesa, del Cristianesimo, di tutto quello che era successo. Però aveva voluto che gli edifici bruciati e distrutti restassero lì, così com'erano, con le pareti nere e i portoni sfondati, senza più arredi o vetrate. Così la gente smise di parlarne, ma per molti anni continuò a serbare il ricordo di quello che era successo. Il ricordo e il terrore. Ma ora non aveva più importanza. La Crisi Milton era solo una data sui libri di storia, e nessuno ricordava più niente, a nessuno importava più. Più o meno.
Era arrivato. Si voltò un'ultima volta, poi suonò il campanello.
Il portoncino metallico si aprì, e Marcus discese lentamente la scala a chiocciola verso l'interrato, le ginocchia incerte, deformate dal conto presentato da anni e radiazioni. Non riuscì a trattenere la delusione quando scoprì che erano ancora meno dell'ultima volta.
"Mi dispiace tanto", gli disse Jenna venendogli incontro.
"Non hai nulla di cui dispiacerti", le rispose Marcus, sfilandosi il giaccone e accarezzandole i capelli.
Jenna lo aiutò a indossare l'abito talare, poi Marcus potè finalmente abbracciare i suoi fedeli.
Quando ebbe finito di salutarli uno per uno, li invitò ad accomodarsi sulle panche.
Pensò a come i primi tempi molti fossero costretti ad assistere in piedi alla funzione, perché non c'era modo di portare laggiù abbastanza sedie per tutti senza dare troppo nell'occhio. Oggi aveva di fronte al massimo una ventina di persone.
La morte se n'era portati via un po', agli altri aveva pensato la loro natura umana. La speranza li aveva abbandonati, ma come fargliene una colpa? Non erano come lui. In lui la fede non aveva mai macillato. Mai. Anche quando il Signore lo aveva chiamato a prove molto difficili, aveva sempre saputo quello che era giusto fare. Costretto a fingersi laico di fronte a quelle bestie prive di ragione; ad assecondare la loro furia distruttiva; quello che era successo al povero padre Matteo: la cosa giusta. Sempre e solo la cosa giusta.
Una volta terminata la funzione, il neurofarmacista Manetti gli si avvicinò. Manetti era uno dei pochi fedeli su cui Marcus aveva sempre contato. Un uomo retto, dal grande cuore. Ma dopo tanti anni anche in lui era riuscito a scavarsi la strada il dubbio. 
"Padre?", gli chiese avvicinandosi.
"Dimmi, Giovanni", gli rispose padre Marcus fissandolo negli occhi.
"Quando verrà il momento?"
Marcus emise un leggero sospiro, come chi è alle prese con un bambino petulante.
"So che sono molti anni che noi tutti aspettiamo, Giovanni. Me ne rendo conto. Ma ormai siamo vicini. I tempi sono maturi per la Parusia".
Poggiò una mano sulla spalla del neurofarmacista, la scosse con dolcezza, e gli sorrise: "Il mondo affoga nella sua sozzura e nel suo veleno, Giovanni: la seconda venuta in gloria del Signore è vicina".

[CONTINUA]

Commenti

  1. Non ci speravo più. Battiamo la fiacca, eh? :)

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  2. me lo leggo tutto insieme, posso o è stato obbligatorio leggerlo puntata per puntata? in caso alla fine lo posterai per intero? versione audiolibro su twilight è chiedere troppo?

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  3. E' un romanzo a puntate, va letto puntata per puntata.
    Twilight è in vacanza, e non si sa quando torna.

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  4. Sei un grande anche quando non scrivi "robe per ridere", nulla da dire. Mi piacciono molto tema e atmosfera, ma mi accodo alla richiesta: non è possibile averlo tutto subito? No, eh?
    Almeno a blocchi più consistenti? Va bene, io ci ho provato :D

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  5. Ho recuperato gli arretrati, ero fermo al 2. Bello, continua!

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