Obbedisco, disse l'elefante (mentre saliva le scale)

I giochini in flash, nove volte su dieci, sono delle minchiate. Ai giochini in flash, nove volte su dieci, non val la pena di dedicare mai più di cinque secondi. Obey The Game e i suoi elefanti, nonostante la mole, non rientrano però in una di quelle nove volte, ma si piazzano con fare indisponente nella decima, in quella buona. [...]

Come un novello moiroorfei, in Obey the Game devi guidare perciò un elefantino in minigiochi da una manciata di secondi l'uno. Salta e prendi il palloncino, dumbo, su. Corri, salvati, incul(c)a l'altro elefante. Un WarioWare pachidermico in cui lo spunto interessante è che, in molti casi, per superare indenne il minilivello devi fare esattamente il contrario di quanto indicato a schermo. Se la schermata lampeggia di rosso e appare la scritta Disobey, in buona sostanza, devi incaponirti come il più incazzoso degli elefanti indiani, mimare il gesto dell'ombrello con la proboscide, e fare qualsiasi cosa purché non sia quella che ti viene chiesto di fare. Lo scopo del minigioco è sopravvivere? Crepa. Correre? Resta immobile. Capirne di calcio? Tifa rubentus. Salire le scale? Ci andasse sua sorella. Che poi detta così sembra semplice, ma dopo il primo stock di livelli si accede al secondo, poi al terzo, il ritmo aumenta, e la musica tamarra in sottofondo pure, catalizzando verso l'alto la tensione, il nervosismo, la sana voglia di spaccare il 24pollici dell'aimèc a testate porcadiquellaputtanaelefantachemirimaneunasolavita. Che non ne sei proprio sicurissimo, ma può darsi che i romani quando parlassero di damnatio ad bestias si figurassero un addestratore da circo alle prese con un elefante pirla colto da irresistibile impulso di salirle, quelle dannate scale.

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